Edizione straordinaria da Tirana

Di ritorno dalla trasferta in Albania, un punto su tutto ciò che devi sapere sul vertice UE-Balcani Occidentali del 6 dicembre. Tra energia, migrazione, roaming, allargamento e microfoni brandizzati

Questa è un’edizione straordinaria, per l’eccezionalità della pubblicazione, ma soprattutto per i fatti accaduti. Grazie al supporto di Eunews e del gruppo editoriale Withub – oltre alla costante spinta dei sottoscrittori di BarBalcani – il 6 dicembre ho potuto partecipare al vertice UE-Balcani Occidentali, organizzato a Tirana (Albania). Che, come sai, è il più importante evento politico per le relazioni tra l’Unione Europea e i sei Paesi balcanici. È stato emozionante, come ogni volta. O anche di più.

Perché questo è stato il primo vertice UE-Balcani Occidentali in assoluto ospitato nella regione che ancora attende di fare ingresso nell’Unione. Come sottolineato dall’ospite, il premier albanese Edi Rama, “è un incredibile segno di consapevolezza che oggi l’Unione ha bisogno dei Balcani tanto quanto noi dell’UE”. Ti rimando alla storia in evidenza sul profilo Instagram per scoprire la cronaca live, con perle di assoluta rarità come le danze tradizionali e contemporanee di fronte alle facce divertite dei leader.

Oggi vorrei raccontarti cosa è successo martedì, da un’angolazione del tutto personale. Più o meno questa:

Copertina Vertice UE-Balcani Tirana
Danze tradizionali albanesi davanti ai leader dell’UE e dei Balcani Occidentali, in posa per la foto di famiglia

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Capitolo allargamento

Il vertice UE-Balcani Occidentali si può anche definire un vertice di mantenimento. Perché l’obiettivo primario era difendere i progressi raggiunti nei mesi successivi dal fallimentare summit di Bruxelles del 23 giugno. Dall’avvio dei negoziati di adesione UE di Albania e Macedonia del Nord, alla ricerca di sempre maggiore unità nella risposta alla guerra russa in Ucraina, fino ai nuovi passi sull’allargamento dell’Unione.

C’è il capitolo Bosnia ed Erzegovina, che attende la risposta dei leader UE il 15 dicembre sulla raccomandazione della Commissione di concedere lo status di Paese candidato. C’è il Kosovo, che è pronto a presentare “nelle prossime due settimane” la richiesta di adesione, ha confermato la presidente Vjosa Osmani al vertice con i leader UE. E c’è la Serbia, ancora lontana dall’allinearsi alle sanzioni internazionali contro la Russia. Nelle conclusioni del summit Belgrado è implicitamente richiamata all’ordine: “Esortiamo a compiere progressi rapidi e sostenuti verso il pieno allineamento alla Politica estera e di sicurezza comune (PESC), incluse le misure restrittive”.

Allargamento UE

Serbia e Kosovo da settimane sono sotto l’occhio vigile di Bruxelles, per le tensioni scaturite dall’obbligo per tutti i cittadini del Kosovo di sostituire le targhe serbe (diffuse tra la minoranza nel nord del Paese) con quelle rilasciate da Pristina. Nonostante l’accordo del 24 novembre che ha risolto la grave crisi, è emerso negli ultimi giorni un altro problema.

A inizio novembre sindaci, consiglieri, parlamentari, giudici, procuratori, personale giudiziario e agenti di polizia serbi-kosovari si sono dimessi in massa in segno di protesta. E non sono ancora rientrati in servizio. Tra questi c’è anche Goran Rakić, leader di Lista Srpska (il partito serbo-kosovaro vicino al presidente serbo, Aleksandar Vučić) e ministro per le Comunità e il ritorno dei profughi.

Per colmare il vuoto, il primo ministro kosovaro, Albin Kurti, ha allora nominato Nenad Rašić, leader del Partito Democratico Progressista (formazione serba ostile a Belgrado), scatenando le ire di Vučić. Proprio il presidente serbo ha prima minacciato di boicottare il vertice, per poi fare marcia indietro alla vigilia del vertice UE-Balcani Occidentali.

È anche per questo motivo che un punto specifico delle conclusioni ha chiarito che sono necessari “progressi concreti verso un accordo globale giuridicamente vincolante” sulla normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi. Fonti europee a Tirana riportano che a Pristina e Belgrado è stato inviato un aggiornamento della proposta franco-tedesca in 9 punti, che dovrebbe portare a un’intesa “in meno di un anno”.

Michel, Rama, von der Leyen
Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il primo ministro dell’Albania, Edi Rama

Capitolo migrazione

Questo tema è stato trattato con particolare urgenza dai leader UE e dei Balcani Occidentali. “Sappiamo che è una sfida sempre attuale, ora dobbiamo affrontare un aumento degli arrivi lungo la rotta balcanica”, ha ricordato il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Secondo i dati recentemente pubblicati da Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera), tra gennaio e ottobre 2022 si sono verificati 281 mila attraversamenti irregolari attraverso la rotta balcanica, per un aumento del 77 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021 e il totale più alto dal 2016 (oltre 130 mila).

Non è un caso se, proprio alla vigilia del vertice di Tirana, la Commissione UE ha presentato un piano d’azione per la rotta balcanica, basato su 20 misure in 5 pilastri (rafforzamento della gestione delle frontiere, procedure di asilo e accoglienza, lotta al traffico di esseri umani, cooperazione per la riammissione e i rimpatri, allineamento della politica di esenzione dei visti). E non è nemmeno un caso che le conclusioni del summit pongano l’accento sulla “sfida comune e le responsabilità“, insistendo sugli stessi identici punti.


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Il nodo più spinoso, su cui vale la pena soffermarsi, è quello dell’allineamento del regime di esenzione dei visti con la politica dell’UE. Significa che i Paesi dei Balcani Occidentali permettono acittadini di Stati terzi di viaggiare senza visto, ma gli Stati dell’area Schengen (dove sono state abbattute le frontiere interne) no. In questo modo le persone migranti possono arrivare in aereo nella regione balcanica e, di lì, mettersi in cammino verso le frontiere esterne dell’UE. Ma per Bruxelles l’allineamento è essenziale per mantenere una politica di esenzione dei visti verso gli stessi Paesi balcanici. La Serbia è il partner che sta dando più problemi (solo di recente è stato reintrodotto l’obbligo di visto per i cittadini del Burundi e della Tunisia).

Ma nemmeno l’UE si sta dimostrando totalmente coerente. Per la mancanza di unità dei Ventisette il Kosovo è in attesa dal 2018 della liberalizzazione dei visti per i propri cittadini. Secondo la posizione adottata solo la scorsa settimana, l’esenzione all’ultimo Stato europeo escluso (fatta eccezione per Russia e Bielorussia) arriverà non più tardi del 1º gennaio 2024. Il fatto più paradossale è che, secondo quanto emerge dal report della Commissione, Macedonia del Nord e Montenegro non sarebbero perfettamente allineati con l’UE proprio perché hanno deciso di garantire l’esenzione ai cittadini del Kosovo.

A margine del vertice UE-Balcani Occidentali, anche la prima ministra italiana, Giorgia Meloni, è intervenuta sulla questione della migrazione. E ha definito – se ancora non fosse chiaro – la posizione del nuovo governo di destra. “Non temo che l’attenzione sulla rotta balcanica possa far dimenticare quella del Mediterraneo centrale, perché l’Italia è interessata da entrambi i fronti”, ha dichiarato alla stampa la leader di Fratelli d’Italia.

A oggi, la rotta balcanica rappresenta il movimento migratorio di più ampia portata alle frontiere esterne dell’Unione. Maggiore – in termini di ingressi irregolari – anche di quella del Mediterraneo centrale. Utilizzando un linguaggio violento e di criminalizzazione delle persone migranti che arrivano alle porte dell’UE, Meloni ha definito le due rotte una “tenaglia” per il Paese e ha esortato Bruxelles a “passare dal tema redistribuzione, che non risolve il problema, a fermare l’immigrazione illegale“.

Piccola nota: la migrazione al massimo può avvenire in forma irregolare. Ma non è mai ‘illegale’.

Giorgia Meloni
La prima ministra italiana, Giorgia Meloni

Capitolo energia

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, lo aveva anticipato nel suo viaggio di fine ottobre nelle capitali balcaniche. Dal 2023 l’Unione è pronta a stanziare un pacchetto da 1 miliardo di euro contro la crisi energetica. “Per noi è importante fornire ai nostri partner soluzioni simili a quelle cercate nell’UE”, ha sottolineato la stessa presidente dell’esecutivo comunitario. A Tirana, per la prima volta, il pacchetto di supporto energetico è stato discusso a livello di capi di Stato e di governo, con tutti i dettagli del caso. Il pacchetto sarà diviso in due parti, ciascuna da 500 milioni. E si pone l’obiettivo di accelerare non solo l’indipendenza energetica della regione dalle fonti fossili russe, ma anche la progettazione dell’energia del prossimo futuro.

Il primo pilastro è un sostegno diretto al bilancio per affrontare l’impatto dei prezzi dell’energia già dal prossimo gennaio: 30 milioni per il Montenegro, 70 per la Bosnia ed Erzegovina, 75 per il Kosovo, 80 per la Macedonia del Nord, altrettanti per l’Albania e 165 per la Serbia. Il secondo pilastro sarà costituito da finanziamenti per la diversificazione energetica, le fonti rinnovabili, le infrastrutture per il gas e l’elettricità e gli interconnettori.

Nelle conclusioni del vertice sono stati invitati i Sei balcanici a unirsi alla piattaforma per gli acquisti congiunti di gas, Gnl e idrogeno, con il piano RePowerEu che coinvolge anche l’intera regione. E infine sono state chieste riforme normative nel settore energetico come “condizione” per completare l’apertura del mercato dell’elettricità dell’Unione ai Balcani Occidentali attraverso la Comunità dell’energia.

Infografica Energia


Capitolo roaming

Di importanza cruciale per il futuro dei cittadini comunitari e balcanici (nell’attesa che i due aggettivi si sovrappongano) è l’intesa sulla connettività raggiunta in apertura del vertice di Tirana. La Dichiarazione sul roaming dati porterà benefici a turisti e imprese già a partire dal 2023.

Si tratta di un accordo volontario tra UE, Paesi balcanici e operatori telefonici per garantire a tutti i cittadini di fare chiamate, mandare messaggi e navigare online sul proprio smartphone alla stessa tariffa a casa e negli altri Stati aderenti. Per capirci, è quello che dal 2017 (e almeno fino al 2032) succede sul territorio dell’Unione Europea. Quando una persona è in viaggio in un altro dei 26 Paesi membri può utilizzare il proprio traffico dati senza nessun costo aggiuntivo.

La base di partenza è un successo tutto balcanico: l’accordo Roam like at Home del luglio 2021, con la tabella di marcia per l’abolizione anche verso l’UE fissata al vertice di Kranj (Slovenia) del 6 ottobre seguente. Prima della totale gratuità anche con i Paesi balcanici – che fonti europee anticipano dovrebbe arrivare entro il 2027 – si partirà da una prima riduzione dei costi roaming dal 1º ottobre 2023.

Maggiori indicazioni saranno rese note entro il 1º maggio 2023, quando le parti che hanno deciso di unirsi (sia gli operatori già aderenti, sia quelli invitati) metteranno sul tavolo l’accordo sugli step per l’abbattimento dei costi roaming. Insomma, contattare chiunque e ovunque in Europa diventerà sempre più facile. Anche da qui passa l’unità tra Unione Europea e Balcani Occidentali cercata e voluta al “vertice del mantenimento” di Tirana.

Dichiarazione Roaming
La firma della Dichiarazione sul roaming