Fondato in Kosovo nel 2010 da un gruppo di diciottenni, Anibar è oggi uno dei più importanti festival europei di animazione. Intervista con la direttrice Arba Hatashi alla vigilia della 14ª edizione
L’energia dei ragazzi e delle ragazze non si può ingabbiare. Quando hanno un’idea rivoluzionaria e ci credono con tutte le proprie forze, non c’è limite che li possa frenare. Si è visto dalla notte dei tempi, in qualsiasi contesto, a qualsiasi latitudine. La retorica ‘i giovani di oggi non hanno voglia di rimboccarsi le maniche’ è da sempre solo l’espressione delle frustrazioni di chi giovane non è più e forse non ha mai saputo osare. E più il contesto è limitante, più la forza sprigionata è deflagrante. Può accadere in ogni ambito della vita. Nella politica, nella sessualità, nello sport, nella cultura e nell’arte.
È così che, in una città del Kosovo da nemmeno 50mila abitanti, è stato possibile che un gruppo di giovani abbia dato vita dal nulla a un festival di animazione che in pochi anni è diventato uno dei più importanti in tutta Europa. Senza la disponibilità di una formazione specialistica, in un Paese isolato dal resto del continente (fino alla fine del 2023) e da cui è difficile uscire per crearsi una rete di conoscenze. Con poca esperienza, senza libertà di movimento. Parleremo di tutto questo con Arba Hatashi, direttrice di Anibar Animation Festival, giunto alla 14esima edizione – dal 17 al 23 luglio nella città di Peja – in un clima di enorme entusiasmo. In Kosovo, nei Balcani, in tutta Europa. Tra i giovani e, bisogna ammetterlo, anche tra i meno giovani.
C’era una volta in Kosovo
Com’è nato Anibar Animation Festival e come si è sviluppato nel corso degli anni?
“Anibar Animation Festival è nato nel 2010 da un’iniziativa di un gruppo di diciottenni che volevano imparare l’arte dell’animazione, realizzare le proprie produzioni e avere accesso all’industria, portandola direttamente in Kosovo. In Kosovo non ci sono istituzioni educative e opportunità per quanto riguarda l’arte dell’animazione, soprattutto per colpa dell’isolamento e della mancanza di libertà di movimentoa cui l’intero Paese è sottoposto.
Solitamente un festival si sviluppa dove c’è già un’accademia. Prima si impara a fare film d’animazione e poi si lancia un festival per proiettare le proprie produzioni. A Peja abbiamo fatto il contrario: abbiamo lanciato Anibar per portare qui professionisti internazionali e imparare da loro. È nata come una piccola iniziativa 14 anni fa e, nel corso del tempo, è diventata uno dei più grandi festival di animazione dei Balcani Occidentali. Era un festival di tre giorni, mentre ora conta più di 80 attività in un periodo di sette giorni”.
Quali sono le caratteristiche principali di Anibar Animation Festival?
“Il Festival sta guadagnando sempre più attenzione da parte dei giovani. In particolare nella comunità che vive a Peja – la terza città più grande del Kosovo – perché la maggior parte delle attività culturali sono centralizzate nella capitale Pristina. Ma anche dei professionisti e della comunità internazionale specializzata in film d’animazione, grazie ai valori che cerchiamo di esprimere attraverso tutte le attività, principalmente sotto due aspetti.
Il primo aspetto è il modo in cui presentiamo il mezzo dell’animazione, fornendo accesso alla cinematografia e al pubblico del Kosovo e mettendoli in contatto con i professionisti internazionali. Il secondo aspetto è il modo in cui produciamo l’evento, offrendo opportunità alla comunità attraverso l’arte e l’attivismo. Cerchiamo sempre di garantire qualità e attività educative, perché il Kosovo non ha ancora un’università dove imparare l’arte dell’animazione”.
Innovazione e collegamenti
Come’è strutturato il Festival?
“Quest’anno abbiamo ricevuto 1513 candidature da 86 Paesi di tutto il mondo. In totale sono stati selezionati 128 film provenienti da 36 Paesi, divisi nella 7 categorie della competizione. La categoria International è aperta ai professionisti da tutto il mondo. La categoria Student è un concorso riservato agli studenti che hanno finito di produrre i propri film durante gli studi o per la tesi di laurea. Siamo l’unico festival con un concorso Balkan, perché riteniamo necessario dare accesso e una vetrina alle produzioni provenienti dai Balcani. La categoria Human Rights si occupa specificamente di questi temi cruciali. La categoria Animated Music Video è riservata ai video musicali animati prodotti in collaborazione con musicisti. E infine ci sono la categoria Animated Feature Film e quella Young Audience.
Per ogni categoria la giuria è composta da professionisti internazionali e kosovari. Ma appositamente per quella Young Audience selezioniamo studenti dei corsi su arte e cinema delle università del Kosovo per diventare membri della giuria. Questi studenti partecipano a un programma di due settimane in cui imparano a valutare i film d’animazione attraverso lezioni, workshop e casi di studio. E poi durante il festival guardano i film mettendo in pratica queste conoscenze”.
Parallelamente, ogni edizione è caratterizzata da un tema specifico. Di cosa si tratta?
“Ogni edizione di Anibar Animation Festival si organizza attorno a un tema. A dire il vero, questo non influisce sulla proiezione e il concorso di film d’animazione scelti in modo indipendente. Il tema è la comunicazione visiva del Festival, cioè ci permette di curare programmi speciali, performance artistiche e tavole rotonde che lo esplorano nel dettaglio. Il Festival stesso diventa un punto d’incontro per discutere di questo tema, promuovendo al contempo l’uso degli spazi pubblici nella città di Peja.
Abbiamo iniziato a farlo nel 2015 con il tema della migrazione, che abbiamo scelto perché molte persone in Kosovo stavano e stanno vivendo l’esperienza di lasciare il proprio Paese. Poi nel 2016 il tema del cambiamento climatico. Nel 2017 abbiamo scelto per la campagna ‘reclaim the city’, per promuovere l’uso degli spazi pubblici come diritto dei cittadini. Nel 2018 la parità di genere. Nel 2019 speranze e paure. Nel 2020 abbiamo invece organizzato un’edizione online a causa della pandemia COVID-19, e il tema è stato incentrato su persone e connessioni umane. Nel 2021 l’isolamento, che ha incluso l’influenza della pandemia e il tema della mancanza di libertà di movimento delle persone che vengono dal Kosovo. Nel 2022 il tema è stato quello delle superstizioni: era la 13ª edizione ed è iniziata il 13 luglio! I cittadini del Kosovo – e dei Balcani in generale – sono molto superstiziose, volevamo analizzare questa forma di tradizione”.
A proposito di questo tema. Cosa avete imparato e diffuso sull’importanza di miti, credenze e superstizioni nella promozione della diversità e del multiculturalismo?
“Credo che le superstizioni siano un tema importante su cui discutere, perché sono molto presenti nella vita di tutti in Kosovo, nei Paesi balcanici e in tutta Europa. Ma allo stesso tempo non viene dato loro il giusto spazio di confronto, nonostante le superstizioni possano condurre a temi più ampi. Per esempio, la promozione di dibattiti sulla diversità e sul multiculturalismo, sul modo in cui crediamo alle notizie, su come le verifichiamo.
Durante il Festival abbiamo coinvolto sia la comunità locale sia i professionisti internazionali. In questo modo hanno potuto condividere esperienze su come le superstizioni si tramandano di generazione in generazione, sulle similitudini dalla Croazia ai Paesi Bassi, sul modo in cui le credenze si modificano nel corso dei decenni”.
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E quale tema avete scelto per l’edizione di quest’anno?
“Il tema della 14ª edizione sarà l’amore e le connessioni umane. Parleremo dei diversi aspetti che li caratterizzano e, più in generale, della celebrazione di tutti i tipi di amore”.
Un futuro radioso per Anibar Animation Festival
Che valore riveste la presenza di un Festival di Animazione e di un’Accademia di Animazione in quello che è il Paese europeo con il più alto tasso di giovani?
“L’intera iniziativa è partita da un gruppo di diciottenni e questo è stato cruciale in un Paese con un’età media di 24/25 anni. Credo sia importante che Anibar sia proprio un festival di animazione, perché questo mezzo lascia spazio all’interpretazione della realtà da parte dei più giovani. E soprattutto permette di impegnarsi nel creare socialità e nell’apprendere nuove competenze, generali e specialistiche.
Iniziative di questo tipo – aperte e accessibili, dove i giovani possono imparare e crescere – sono rare in Kosovo e nei Balcani in generale. Qui è piuttosto difficile operare nel settore culturale. Ma credo anche che questo sia il motivo per cui abbiamo un impatto così forte sui giovani e per cui sono così interessati a partecipare al Festival. L’anno scorso abbiamo accettato 80 volontari, ma abbiamo ricevuto circa 400 domande! Per la maggior parte di loro si tratta della prima esperienza di lavoro o di impegno sociale. Anch’io ho iniziato come volontaria a 15 anni, nella quarta edizione di Anibar Animation Festival, e durante le edizioni successive sono cresciuta professionalmente e personalmente. Anibar mi ha dato molto spazio per imparare, relazionarmi con le persone e sperimentare, senza essere criticata o giudicata“.
L’edizione del 2024 si terrà quando sarà in vigore per la prima volta la liberalizzazione dei visti per i cittadini del Kosovo. Che effetti può avere su Anibar Animation Festival?
“Penso che la liberalizzazione dei visti avrà un impatto enorme sul Festival e sull’intera industria dell’animazione in Kosovo. Quando si lavora per un festival, è necessario visitarne molti altri, fare rete e scambiare esperienze. È così che crescono le comunità, è così che funziona la maggior parte dei festival internazionali. Ma è molto difficile farlo dal Kosovo, perché abbiamo sempre grosse difficoltà con il processo di rilascio dei visti. A partire dai costi. Ecco perché la liberalizzazione dei visti aiuterà Anibar Animation Festival e le persone che ci lavorano. Prima di tutto nell’avere più accesso ad altri festival, ma anche nello svilupparci in modo più professionale e qualitativo. Sarà più facile per Anibar essere presente in altri festival, in altri mercati ed eventi cinematografici in tutta Europa.
Ma penso che avrà un impatto ancora maggiore sull’Accademia di Animazione che abbiamo avviato per insegnare alle nuove generazioni questo mestiere. Sarà più facile accedere ai programmi di istruzione europei per i kosovari che vogliono proseguire i propri studi. Perché è molto limitante quando si vuole dedicare il proprio tempo e le proprie risorse a frequentare un’università di quattro anni, e poi non si può andare a parlare con professionisti internazionali o visitare una città per avere maggiori possibilità di acquisire nuove conoscenze. Dei 50 studenti che hanno frequentato l’Accademia di Animazione, solo il 20% ha proseguito gli studi all’estero. E comunque tutti hanno avuto problemi con i visti. La libertà di movimento è un diritto umano fondamentale. Non stiamo parlando di un favore che qualcuno ci fa, e siamo stati privati di questo diritto per troppo tempo”.
Quali sono i nuovi progetti di Anibar per il futuro?
“I progetti futuri coincidono con il nostro più grande risultato finora raggiunto. Attraverso il Festival abbiamo dato il via all’industria dell’animazione in Kosovo, anche se è ancora a uno stadio molto basilare e informale. Prima di noi nessuno si occupava di animazione qui. Oggi abbiamo produzioni provenienti dal Kosovo finanziate a livello nazionale. Stiamo cercando di facilitare le connessioni, perché continuiamo a sperimentare una mancanza di infrastrutture.
Per questo motivo in futuro lavoreremo con più energie per favorire la crescita dell’industria dell’animazione nel nostro Paese, facilitandone lo sviluppo di produzioni originali. Attraverso l’Accademia e il Festival abbiamo capito il potenziale su cui possiamo contare. È nostra responsabilità fare del nostro meglio per sostenere la nostra comunità in questo settore”.