Mentre si sta per sbloccare il dialogo Pristina-Belgrado, i cittadini kosovari potranno viaggiare liberamente in tutto il continente europeo. Intervista al relatore per il Parlamento UE, Thijs Reuten
Sono passati 15 anni dal giorno dell’indipendenza del più giovane Stato d’Europa. Quindici anni in cui l’indipendenza è stata rivendicata ogni giorno, perché non tutti – sul continente e nel resto del mondo – la riconoscono. Quindici anni di costante lavoro diplomatico, tra (pochi) alti e (tanti) bassi, per cercare di convincere chi quell’indipendenza l’ha subita – la Serbia – ma non solo: Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna, solo per rimanere nell’Unione Europea. Ma per come è iniziato e come sta proseguendo, il 2023 potrebbe davvero essere l’anno del Kosovo. Per una serie di piccoli (ma nemmeno troppo piccoli) mattoni che Pristina sta mettendo per costruire la sua stabilità presente e futura.
Questi sforzi passano anche e soprattutto dall’Unione Europea. Dalla liberalizzazione dei visti per i cittadini kosovari al dialogo per la normalizzazione dei rapporti con Belgrado, fino al riconoscimento da parte di tutti i suoi Stati membri dell’indipendenza di Pristina. Ecco perché, grazie a una collaborazione con la testata Eunews, analizzeremo tutti questi aspetti con un membro del Parlamento Europeo che politicamente segue da molto vicino il Kosovo. Insieme a Thijs Reuten, eurodeputato socialdemocratico olandese, proviamo a scoprire se questo è davvero l’anno del Kosovo.
Liberi di viaggiare
Che significato ha il via libera alla liberalizzazione dei visti per il Kosovo?
“L’adozione definitiva della liberalizzazione dei visti per il Kosovo da parte della sessione plenaria del Parlamento Europeo significa che abbiamo completato tutto l’iter legislativo. Si tratta di una svolta storica, perché i cittadini kosovari che non hanno accesso a un passaporto albanese o serbo non possono viaggiare facilmente nel resto d’Europa. E ha anche un valore simbolico. Per me è l’inizio di una nuova era, perché finalmente il Kosovo si unirà a tutti gli altri Paesi esenti dal visto”.
Perché proprio il 1° gennaio 2024 per l’entrata in vigore?
“Avrei voluto fosse prima, ma l’esenzione è legata all’entrata in vigore dell’ETIAS, il Sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi, che è stato rimandato troppe volte. Avrebbe dovuto essere già attivo, secondo il piano originale. Se accadrà un miracolo e il sistema entrerà in funzione prima, teoricamente la liberalizzazione dei visti per il Kosovo potrebbe arrivare in una data precedente. Ma ora concentriamoci sul 1° gennaio 2024″.
Cosa cambierà per i cittadini kosovari?
“Che potranno decidere di viaggiare liberamente nell’Unione Europea. Dovranno comunque mostrare il passaporto quando entreranno nei Paesi UE e Schengen, ma non dovranno più pensare a ottenere un visto. Ogni volta che si deve passare da questa procedura, è come fare un esame, anche se si soddisfano tutte le condizioni. Noi cittadini dell’Unione Europea siamo abituati a viaggiare facilmente ovunque con il nostro passaporto e dobbiamo chiedere un visto in pochissimi Paesi. Ma per i cittadini kosovari finora è stato l’esatto contrario”.
Perché ci è voluto tanto tempo?
“Credo che ci sia voluto così tanto tempo per questioni politiche in seno al Consiglio. Alcuni governi hanno usato quest’ultimo dossier in sospeso sulla liberalizzazione dei visti in Europa per dibattiti politici interni. Ma ci sono sempre elezioni in programma o problemi politici per posticipare le decisioni. È molto semplice. Se stabiliamo regole e condizioni – e un Paese le raggiunge tutte – dobbiamo rispettare gli impegni. Purtroppo l’Unione Europea ha una tradizione nel non rispettare sempre gli impegni, ma questo mina la fiducia nel processo di allargamento. Come nel caso della liberalizzazione dei visti per il Kosovo”.
Il primo ministro albanese, Edi Rama, ha dichiarato che i cittadini kosovari erano meglio collegati all’Europa quando facevano parte della Jugoslavia…
“Il Kosovo è stato lasciato indietro per troppo tempo, è l’ultimo Paese europeo a cui è stata garantita la liberalizzazione dei visti. Persino la Bosnia ed Erzegovina e il Montenegro l’hanno ottenuta molto tempo fa. I cittadini kosovari sono stati marginalizzati, con il risultato che si sono sentiti meno liberi o meno inclusi rispetto ai tempi dell’ex-Jugoslavia. Più ci si pensa, più la situazione è ridicola. In ogni caso, il Kosovo ha mantenuto la propria fiducia nel processo legislativo e ora ci siamo lasciati tutto questo alle spalle”.
Cosa si muove tra Serbia e Kosovo
Come valuta gli accordi raggiunti tra Serbia e Kosovo nell’ambito del dialogo mediato dall’UE?
“Vedo una situazione che va verso il riconoscimento del Kosovo. Perché l’accordo prevede il riconoscimento dei documenti di viaggio e dei simboli nazionali, la non-opposizione da parte della Serbia all’adesione di Pristina alle organizzazioni internazionali, e anche il non incoraggiare altri a bloccarla. Sono fiducioso che arriveranno buone notizie nei prossimi mesi. Sarà istituito un comitato di attuazione e sono già in corso colloqui molto importanti, per esempio quello sulle persone scomparse. A piccoli passi, ci stiamo muovendo”.
Eppure cinque Stati membri UE ancora non riconoscono il Kosovo come Stato indipendente.
“Spagna, Grecia, Cipro, Romania e Slovacchia hanno percorsi diversi nella loro posizione di non-riconoscimento del Kosovo, ma spero che tutti si impegnino in questo dibattito. Conto davvero su di loro nella valutazione della situazione. Non deve accadere la settimana o il mese prossimo, ma abbiamo bisogno di un cambiamento. Penso che non sarebbe molto logico se questi cinque Paesi non mostrassero almeno la volontà di muoversi nella direzione del riconoscimento del Kosovo. In particolare considerando la direzione che l’UE sta prendendo sull’accordo di normalizzazione, che vogliamo sia vincolante e implementato”.
A proposito, si è discusso molto sul fatto che l’accordo non è stato firmato.
“Non ci deve essere nessuna questione a proposito della firma, l’attenzione in Serbia e in Kosovo deve essere rivolta solo all’implementazione dell’accordo. Perché inseriremo quanto concordato nel quadro dei processi di adesione all’UE di Kosovo e Serbia. Se l’accordo non sarà implementato, ci saranno pesanti conseguenze. Dobbiamo essere rigorosi e alzare la posta in gioco. Perché ora abbiamo un accordo vincolante e credo che l’alto rappresentante UE, Josep Borrell, abbia fatto un ottimo lavoro”.
La Serbia non accetta però che il Kosovo si sia reso indipendente dal 2008. Che implicazioni ha tutto ciò per Belgrado?
“Naturalmente entrambi i Paesi devono attuare l’accordo il più velocemente possibile. Tuttavia, abbiamo visto il Kosovo negoziare in modo duro, ma in buona fede, mentre dall’altra parte il presidente serbo, Aleksandar Vučić, vuole creare una sorta di insicurezza nei confronti del processo. Sono un amico della Serbia. Voglio che entri nell’UE, ma dobbiamo essere chiari sulle condizioni: democrazia, strutture politiche imparziali, Stato di diritto. E l’adesione all’UE non può essere raggiunta se la Serbia è coinvolta in azioni destabilizzanti, dal Montenegro alla Bosnia ed Erzegovina e nell’erosione della democrazia. Se riusciamo a trovare la strada per rendere la sua adesione un successo, in quanto Paese più grande e maggiore potenza economica, la Serbia potrebbe guidare l’intera regione a entrare nella famiglia dell’Unione Europea“.